VERITÀ
Dir. Resp. Maurizio Belpietro
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Edizione del 03/07/2025
Estratto da pag. 6
I dem minano il piano da 100 milioni Il presidente di Max Mara blocca il progetto del nuovo Polo della moda a Reggio Emilia: «Clima politico divisivo. Il sindaco del Pd si è schierato con la Cgil senza confrontarsi» n Max Mara era pronta a investire 100 milioni per un Polo della moda a Reggio Emilia: un maxi progetto che avrebbe portato lavoro con la riqualificazione dell’area ex Fiere. Ma il cantiere è saltato a causa del sindaco, il dem Marco Massari, e della Cgil. Il progetto era stato approvato dal Consiglio comunale, ma settimana scorsa c’è stato il colpo di scena perché il primo cittadino ha creato secondo Luigi Maramotti, presidente del gruppo tessile, un «clima politico divisivo». Il dibattito del 23 giugno in Consiglio comunale infatti si è incentrato sulle relazioni industriali interne all’azienda dopo uno sciopero proclamato dalla Cgil alle Manifatture di San Maurizio, controllate da Max Mara: il primo in 40 anni. Il sindaco non ha mancato di salire sul carro della protesta scrivendo su Facebook: «Abbiamo confermato alle lavoratrici l’auspicio che il confronto in atto porti a un miglioramento delle condizioni di lavoro delle dipendenti dell’azienda ribadendo che sarebbe importante l’applicazione del contratto nazionale di lavoro e lo sviluppo di relazioni sindacali avanzate. Nella piena consapevolezza che esistono confini all’interno dei quali l’amministrazione comunale può muoversi, riteniamo che le segnalazioni di tutte le dipendenti meritino attenzione. Esistono organi competenti a dirimere ogni questione dal punto di vista giuridico e sindacale ma, con la finalità di trovare soluzioni efficaci, auspichiamo che maturi un dialogo tra l’azienda, i rappresentanti sindacali e le lavoratrici». Parole che hanno scatenato la reazione di Maramotti, che ha annunciato il ritiro definitivo dal Polo della moda spiegando che il progetto «immaginato fin da novembre 2023, si è scontrato con un contesto politico che ne ha minato le fondamenta» perché la politica locale si è concentrata «non sui meriti urbanistici ed economici del progetto, ma sulle relazioni industriali interne al gruppo». Il voto favorevole del Consiglio «è stato in realtà condizionato a future verifiche sul comportamento del nostro gruppo come se avessimo bisogno di stimoli esterni per rispettare la legalità». Non solo: «Ci è assolutamente incomprensibile», ha detto il presidente di Max Mara, «perché il sindaco non abbia in nessun modo cercato di approfondire la fondatezza dei fatti riportati prima di esprimersi pubblicamente, allineandosi con le affermazioni unilaterali di una singola componente sindacale». Poi la pietra tombale: «Non posso permettere che durante questo percorso residuo siano ulteriormente danneggiati la reputazione dell’azienda e le migliaia di lavoratrici e lavoratori che la fanno vivere. Non possiamo esporci ad attacchi diffamatori che minino ingiustamente il marchio Max Mara alla vigilia del 75° anniversario dalla fondazione». E ancora: «Si augura che il lavoro di analisi svolto sull’area possa comunque essere utile in futuro per individuare un soggetto attuatore in grado di realizzare un progetto alternativo». Mentre Massari finisce sotto il fuoco dell’opposizione, che chiede le sue dimissioni, la Cgil non scende dalle barricate. E intanto la città perde un’occasione di sviluppo che avrebbe portato al raddoppio del campus Max Mara. Una situazione paradossale anche perché la scelta di incrociare le braccia è stata sconfessata da parte delle dipendenti che hanno scritto una lettera: «Pur riconoscendo l’importanza del diritto allo sciopero esercitato da alcune nostre colleghe, che evidentemente percepiscono un disagio nel proprio ambiente di lavoro, riteniamo doveroso prendere le distanze da alcune affermazioni e modalità che sono emerse durante la protesta», hanno detto, «Riteniamo inaccettabili i toni aggressivi, le accuse personali e alcune espressioni utilizzate durante la protesta, come “schiave”, “obese” o “mucche da mungere”, che non rispecchiano in alcun modo il clima all’interno dello stabilimento né il vissuto della maggioranza di noi». © RIPRODUZIONE RISERVATA ---End text--- Author: EMANUELA MEUCCI Heading: Highlight: Image:DIETROFRONT Luigi Maramotti, presidente di Max Mara [Getty] -tit_org- I dem minano il piano da 100 milioni -sec_org-