SOLE 24 ORE
Dir. Resp. Fabio Tamburini
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Edizione del 30/06/2025
Estratto da pag. 3
Primo test sulla maxi cedolare secca: paga il 26% solo un locatore su dieci
Primo test sulla maxi cedolare secca: paga il 26% solo un locatore su dieci Fisco e adempimenti Per il Caf Acli solo l’11,3% degli interessati destina due o più alloggi allo short term Cristiano Dell’Oste La maxi cedolare secca del 26% viene pagata da un club ristretto di contribuenti. Un club al quale oggi è iscritto solo l’11,3% dei proprietari di case destinate all’affitto breve. È il risultato di una prima analisi svolta dal Caf Acli, a campagna dichiarativa ancora in corso, su una platea di quasi 970mila dipendenti e pensionati che hanno presentato nelle scorse settimane il modello 730. La cedolare del 26% è stata introdotta nel 2024 ed è versata solo da chi dichiara al Fisco canoni derivanti dalla locazione breve di due o più case: sui proventi del primo appartamento il locatore paga sempre la tassa piatta con il 21 per cento. Le dichiarazioni dei redditi del 2025 sono quelle in cui per la prima volta i contribuenti si trovano a liquidare il nuovo tributo. La quota esatta di chi paga la maxi cedolare andrà riscontrata, a consuntivo, con i dati delle Finanze sulla totalità dei contribuenti. Ma l’analisi del Caf Acli consente di avere un quadro preliminare che conferma il grande impatto della proprietà diffusa. È interessante inoltre vedere che – nel club di chi ha più di una casa in affitto breve – il 40,3% dei locatori possiede anche uno o più appartamenti destinati all’affitto lungo tradizionale. Al contrario, tra chi destina un solo appartamento all’affitto breve, questa percentuale è praticamente dimezzata (20,3%). La partita delle regole Mentre i proprietari sono chiamati a dichiarare i canoni percepiti al Fisco, prosegue il braccio di ferro sulle regole. Una contesa su più livelli, dai Comuni all’Unione europea. Breve riassunto delle puntate precedenti. Il 2 gennaio 2025 è scattato l’obbligo del Codice identificativo nazionale (Cin), con sanzioni per chi ne è sprovvisto e non lo inserisce in tutti gli annunci. Alla fine della scorsa settimana al ministero del Turismo risultavano rilasciati 586mila codici. Insieme al Cin per i locatori c’è anche l’obbligo di dotare gli alloggi di estintori portatili e rilevatori di gas. Il 27 maggio, invece, il Tar del Lazio – su ricorso della Federazione associazioni ricettività extralberghiera, Fare – ha annullato la circolare del ministero dell’Interno del 18 novembre (protocollo 0038138) che imponeva l’identificazione de visu degli ospiti. Una vicenda ancora aperta, non sono a livello giudiziario, perché prima della sentenza del Tar era attesa una nuova circolare dell’Interno, che pareva orientato ad ammettere l’utilizzo di app e strumenti tecnologici per l’identificazione. Intanto, Pro.Loca.Tur. – associazione di proprietari che affittano in modo non imprenditoriale – ha fatto ricorso alla Corte di giustizia della Ue contro le norme del pacchetto Vida, che potrebbero imporre l’Iva anche sui canoni delle locazioni brevi. L’associazione dei proprietari Confedilizia è invece impegnata in vari contenziosi sui regolamenti locali. «Abbiamo impugnato diverse delibere del Comune di Firenze e stiamo facendo appello contro la sentenza del Tar dell’Emilia Romagna relativa al regolamento di Bologna che impone una destinazione d’uso specifica per l’affitto breve», commenta Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia. La via scelta da alcune grandi città per arginare la diffusione degli affitti brevi – soprattutto nei centri storici – è quella di richiedere cambi d’uso o superfici minime. «Ma è chiaro che questi vincoli finiscono per ingessare il mercato, mentre noi vogliamo tutelare la libertà di utilizzo del proprio immobile da parte dei proprietari», prosegue Spaziani Testa. Secondo Dario Pileri, presidente di Pro.Loca.Tur, «le regole e i vincoli, sempre più pesanti, non riescono comunque a disincentivare l’affitto breve in quanto tale, ma rischiano solo di mettere in difficoltà quei proprietari che finora hanno gestito con il fai-date, inducendoli a ritirare gli immobili dal mercato, ad affidarsi a un property manager o a fare tutto in nero». Proprio guardando all’evoluzione normativa recente, Spaziani Testa di Confedilizia spera che «a livello nazionale, dopo il Cin, si sia arrivati a punto fermo e non si introducano altri adempimenti». Ed è con questa stessa logica – per scongiurare altre penalizzazioni – che Pro.Loca.Tur ha impugnato il pacchetto Vida, che dal 1° luglio 2030 (o 1° luglio 2028, secondo le scelte degli Stati) potrebbe far sì che le piattaforme online applichino l’Iva sui canoni riversati agli host (si veda la scheda). «Giovedì scorso la causa è stata iscritta ed è stata ritenuta ammissibile – spiega Pileri –. Ora il Consiglio d’Europa ha due mesi per le proprie osservazioni, poi il giudizio proseguirà». Check-in di persona o a distanza Quanto alle procedure di check-in, l’annullamento della circolare dell’Interno del 18 novembre scorso – che chiedeva l’identificazione de visu dell’inquilino, cioè di persona – ha riportato indietro le lancette dell’orologio. «Noi – dice Pileri – suggeriamo ai locatori nostri associati di non accontentarsi dei documenti dell’ospite inviati via Whatsapp, assicurandosi sempre che ci sia corrispondenza tra la persona ospitata e il documento che si va a registrare sul sito AlloggiatiWeb. Fermo restando che molti locatori, anche per qualità del servizio, preferiscono accogliere l’ospite di persona». © RIPRODUZIONE RISERVATA ---End text--- Author: Dario Aquaro Heading: Highlight: Continuano le cause sulle nuove regole: Confedilizia sta impugnando diversi regolamenti locali il pacchetto vida Il pacchetto Vida (Vat in the digital age) – entrato in vigore il 14 aprile scorso – si compone di una direttiva e due regolamenti. E punta a rendere completamente digitali, dal 1° luglio 2030, gli obblighi Iva per le aziende che vendono beni e servizi a imprese in un altro Stato membro Ue, con l’obbligo di fattura elettronica per le transazioni intra-Ue e una reportistica puntuale, per singola operazione di cessione e di acquisto (Digital reporting requirement, Drr). Secondo la direttiva, le piattaforme online che favoriscono l’incontro di domanda e offerta per affitti brevi, o servizi di trasporto passeggeri su strada, assumeranno la qualifica di “fornitori presunti” e dovranno versare l’Iva al posto dei singoli fornitori di servizi. Il gestore del marketplace, insomma, diventerà responsabile della riscossione e del versamento dell’imposta. Dal 1° luglio 2028, l’applicazione del nuovo regime sarà facoltativa per gli Stati membri, che possono decidere per la non operatività del nuovo quadro normativo informando il comitato Iva. La regola del “fornitore presunto” diventerà comunque obbligatoria dal 1° luglio 2030. Il timore dei gestori è che il nuovo tributo si rifletta sui prezzi o renda meno redditizio il mercato. Image: -tit_org- Primo test sulla maxi cedolare secca: paga il 26% solo un locatore su dieci -sec_org-